Apro gli occhi in un vasto
salone.
Noto un lussuoso orologio a
muro.
Segna le 9:13.
Nella mente rivivo tramite
immagini pulsanti eventi del pomeriggio trascorso.
Immagini così vivide che è
come se le avessi vissute in prima persona.
E forse è così.
Mi vedo destreggiarmi col
pallone davanti a occhi attenti.
Il sole splende nel cielo
puro.
Sono felice.
Mi vedo scrollarmi
gradualmente di dosso l'impaccio della tensione e diventare tutt'uno
col gioco.
Mi libro nel campo con soave
scioltezza.
Sono poesia movimenti,
colpi, scelte di frazioni di secondo.
Mi godo l'attimo.
Nessun pensiero.
Nessun affanno.
Nessun fastidio.
Faccio ciò per cui sono
nato.
Goal.
Su goal.
Uno addirittura in
rovesciata.
Il cielo vola sotto i miei
piedi.
Sparo la palla esattamente
dove voglio, in un imprendibile angolo un soffio al di sotto della
traversa.
Vedo il portiere lanciarsi
nel disperato tentativo di parare l'imparabile e cadere faccia a
terra, battuto.
Momento perfetto che resterà
per sempre incastonato nella mia anima.
E che nessuno mi potrà
togliere.
Così felice che potrei
morire adesso.
Al termine mi volto a
guardare l'esaminatore.
Sorride.
Non riesce a smettere di
sorridere.
Ce l'ho fatta.
Ho raggiunto il sogno.
E ora eccomi a casa, dopo
dieci ore dalla prova ancora così emozionato da non essermi neppure
cambiato.
A rivivermi nella mente quel
glorioso pomeriggio.
Sento dei passi in
avvicinamento.
Entra il ragazzo del secondo
ritratto.
Parecchio alto, spalle
larghissime, magro, vestito in modo decisamente eccentrico.
– Com'è andata, campione?
Mi chiede senza togliersi le
vistose lenti fucsia, grandi quanto mezzo viso, e lasciandosi cadere
con disinvoltura su una poltrona.
– Mi hanno preso.
Mi sento rispondere: non ho
nessun controllo sul corpo in cui mi trovo, posso solo osservare e
viverne le emozioni.
Unicamente da un
significativo spostamento degli occhi, che colgo in trasparenza
dietro le lenti, avverto che la mia risposta ha prodotto una qualche
reazione.
Invidia?
Commozione?
– Non sei il solo ad avere
delle novità. Ma dove cazz... – si interrompe voltandosi verso la
porta. – Iris, ti sei persa?!
Entra una mora slanciata in
stivali neri, jeans elasticizzati e una maglietta bianca a sbuffo con
una spilla a forma di rosa sullo scollo.
– Iris, la mia nuova
fidanzata. Iris, mio fratello Amleto.
Dal momento che sono
impietrito, si avvicina lei a stringermi la mano.
– Ciao, piacere.
– Piacere – rilascio il
respiro che avevo trattenuto. – Come mai ti umili così? Devi
scontare una grave colpa commessa in una vita precedente?
– Sono stata con tipi
peggiori di Cassio.
Risponde con un breve
sorriso sinceramente divertito.
– Lascialo perdere, si
sente Dio in terra solo perché giocherà in serie A.
– Davvero? Sei un
calciatore?
Mi chiede tra il
moderatamente stupito e il moderatamente interessato.
– Sì.
Gonfio il petto con
fierezza.
Cassio si alza, passa
davanti a una delle grandi finestre con Piazza di Spagna sullo sfondo
avvolta da un magico crepuscolo serale estivo, si siede davanti a un
tavolo da caffè in marmo e dal taschino della lucida camicia estrae
una bustina.
Tossicchio imbarazzato. –
Be', come vi siete conosciuti? Racconta.
– A una pallosissima
riunione – risponde facendo rotolare una pietrina sul tavolo –
Fottuti giapponesi.
– Giapponesi?
– Papà sta lavorando a un
progetto con una società giapponese di videogiochi.
Si serve di una American
Express Platino per sgretolare la pietra di cocaina.
– Capisco, e Iris...
Non vedendola più mi volto
per cercarla: è in piedi accanto alla finestra.
Sento Cassio tirare
rumorosamente su col naso.
– La sua immagine sarà
impiegata per il lancio. Vuoi una striscia per festeggiare?
Scuoto la testa.
– A proposito di
festeggiamenti, ricordati che domani è il mio compleanno: non puoi
mancare.
– Che vista mozzafiato –
commenta Iris con dolcezza. – Sembra di avere il mondo ai propri
piedi, no?
– Ci si abitua a tutto.
Dico mortificato, quasi che
mi sentissi in colpa.
– Immagino – replica con
un lampo negli occhi ametista – Dai, vieni anche tu, almeno mi
darai una mano a tenerlo a freno.
– Non voglio guai.
L'ultimo compleanno di Cassio è finito in commissariato.
Cassio si fa una seconda
sniffata e mi provoca: – Certo, immagina che scandalo se si venisse
a sapere della tua notte brava...
– A parte il fatto che non
avrei nulla da nascondere, dato che a differenza tua non sono un
tossico.
– Ho letto che il fine
settimana sguinzagliano degli investigatori privati a seguire i
movimenti dei loro calciatori.
– Ah, sì? E dove l'hai
letto? Su Novella 2000?
– Se diventerai famoso, su
Novella 2000 ci finirai tutte le volte che ficcherai la lingua in
bocca a qualcuna, o a qualcuno... Iris, lo sai che non ho mai visto
Amleto con una ragazza?
– Stai iniziando a
rompermi il cazzo.
Cassio si alza, avanza verso
di me, si ferma a un passo e, con un sorriso in bilico tra estasi e
disperazione, esclama: – Mi urta che mi guardi con quell'aria di
superiorità, come se tutti dovessero sacrificarsi per un obiettivo
soltanto perché tu hai scelto di farlo! Comunque, non mi va di
litigare. Allora: ti costa
così tanto trascorrere una serata con tuo fratello?
– Il problema è che sei
pazzo.
– Lo so, ma è il mio
compleanno.
Resto in silenzio quasi un
minuto, infine annuisco con un sospiro.
– Grande! Giuro che ti
divertirai da morire!
Se ne vanno.
Ho ancora lo stomaco chiuso
per l'emozione, per cui ordino una cena leggera.
Telefono a un amico, guardo
un po' di tv e verso mezzanotte mi corico.
Il cuore continua a
martellarmi furiosamente.
Non riesco a smettere di
pensare a Iris.
Bellissima.
Dio santo.
Bellissima.
Dio santo.
Trascorro la notte in
bianco.
Un attimo prima che il cielo
schiarisca, la bara mi risucchia a folle velocità nel suo ventre.
Copyright © 2016 - Renato Esposito
Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.
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