martedì 26 gennaio 2016

PUNTATA 1: SEI UNO DEI TRE

Benvenuti amici della notte!

Benvenuti al primo dei dodici appuntamenti di questo thriller che, mi auguro, vi sconvolgerà e allo stesso tempo delizierà al punto da farvene volere ancora e ancora.
Vi suggerisco, come colonna sonora, Black Star di David Bowie, per inciso è ciò che ho ascoltato a ripetizione mentre scrivevo.
Un ultimo appunto e poi mi scanso: anche se ogni nuova puntata sarà inserita alle 00:01 di mercoledì, fino al termine della storia le puntate già pubblicate saranno comunque disponibili ogni notte, dalle 00:00 alle 06:00
E ora, spegnete le luci, fate un grosso respiro e immergetevi nella lettura.

R. E. 





Apro gli occhi nell'oscurità.

La prima sensazione è di smarrimento.

Non ricordo dove sono.

Muovo un braccio per cercare l'interruttore della luce, ma una parete mi impedisce il movimento.

In quella parete c'è qualcosa di strano, dal quale d'istinto il mio pensiero si ritrae.

Il problema è che anche il braccio sinistro incontra immediatamente un ostacolo.

Il rumore sordo del polso che sbatte su una superficie legnosa mi trasmette un brivido disgustoso.

Provando ad alzarmi, urto la fronte contro un'altra barriera.

Il cuore mi precipita nello stomaco: mi trovo in una bara.

Vivo.

Sono talmente incredulo che la paura svanisce con lo shock iniziale.

Non può essere vero.

Sto sognando.

Io sto sognando.

Io...

Ed eccomi, come se ne fossi a corto, posto davanti a un altro problema.

Chi diavolo sono io?

Non ricordo.

Nulla di nulla.

Sono solo un corpo in una bara.

L'incubo comincia a durare troppo.

Mi dibatto, scalcio, urlo, gratto fino a spezzarmi le unghie, ma non mi sveglio.

Perché?

Mi chiedo tra aspri singhiozzi.

E forse un perché non c'è neppure.

È successo e basta.

Magari la stessa cosa è successa, sta succedendo e succederà a tantissimi altri nel mondo.

Quante tombe nascondono lo stesso orrore?

Sono fradicio di sudore.

Se non recupero un minimo di autocontrollo, finirò col bruciare il poco ossigeno prima ancora di aver soltanto cominciato a riflettere su una possibile soluzione.

Soluzione.

Basta la parola a piegarmi la bocca in un'amarissima smorfia.

Quale soluzione?

A meno che a qualcuno non salti in mente di scoperchiare la bara per verificare che sia morto davvero, sono fottuto.

Non mi resta che sperare in un profanatore di tombe in cerca di souvenir.

Scoppio a ridere.

Di una risata isterica che l'acustica della cassa trasforma in un rantolo.

Mi perlustro le tasche alla ricerca di una speranza, tipo un cellulare.

Niente.

Non ricordandomi chi sono, non ho neppure un ultimo pensiero da dedicare a qualcuno.

Ancora: perché?

Com'è potuto succedere?

Ho un improvviso prurito alla gola.

Scopro una gonfia cicatrice lunga una decina di centimetri.

Ruvida e fresca, dai bordi tumefatti.

Uno squarcio ricucito.

Forse di questo ero morto, anzi creduto morto: una ferita alla gola.

E siccome è difficile che certe ferite siano accidentali, ciò significa che...

Qualcuno ha tentato di assassinarmi!

Sia come sia, questo qualcuno sta per raggiungere il suo scopo.

Torno a dimenarmi furiosamente, tirando pugni e scalciando.

Sento un CLICK.

L'interno della bara si illumina.

Sulla lastra superiore, il coperchio, ci sono dipinti tre volti.

E sotto di essi una scritta.

SEI UNO DEI TRE.

Partendo da sinistra, il primo volto è quello di un ragazzo sui diciotto, diciannove anni, neri capelli a spazzola, fronte bassa, zigomi marcati, incarnato pallido, labbra di un rosso acceso e grandi occhi marrone chiaro.

Il volto centrale è pure di un ragazzo, ma sulla ventina abbondante, ha una forma ovale, disordinati e folti capelli ondulati, un naso notevole, la barba di qualche giorno e stesso taglio d'occhi del primo, ma in questo le orbite sono più piccole e le iridi nerissime.

Il terzo volto è di un uomo nel pieno della maturità, la forma è quella del secondo ritratto, mentre i lineamenti e il colore degli occhi sono simili al primo, per il resto la pettinatura è molto ordinata e l'espressione nel complesso esprime severità.

Più li osservo e più mi convinco che siano imparentati.

Se così fosse, l'ultimo volto potrebbe corrispondere a quello del padre degli altri due soggetti.

Ma chi dei tre sono io?

E scoprirlo mi salverà la vita?

Do uno sguardo più accurato alla bara.

Le superfici hanno una lucentezza spiccata, da farmi sospettare che le pareti, nonostante il colore lo suggerisca, non siano di legno.

La luce, fredda, è generata da una sfilza di lampadine, minuscole come la capocchia di un chiodo, incastonate lungo i bordi delle assi.

Come bara è tutt'altro che convenzionale, questo è ovvio.

È stato il mio assassino a imprigionarmici?

È stato lui a fare i volti e la scritta?

Allora sapeva che ero ancora vivo...

Ma che senso aveva tagliarmi la gola per poi ricucirmela?

Rifletto sulla scritta.

SEI UNO DEI TRE.

Quindi il mio, a questo punto lo chiamo aguzzino, aveva previsto che mi sarei svegliato senza memoria.

Lo aveva previsto o era stato proprio lui in qualche modo a provocare l'amnesia?

SEI UNO DEI TRE.

La scritta sembra una specie di invito.

Di invito a scoprire chi sono.

Ma come?

Torno a concentrarmi sui ritratti.

Sono dei disegni, compiuti però con uno stile così realistico da farli assomigliare a delle fotografie.

Ciascun volto è incorniciato da un nero sfondo quadrato.

Non so neppure io per quanto tempo resto a contemplarli.

Se il mio aguzzino mi ha lasciato una possibilità per uscire da questa trappola, allora anche il più piccolo dettaglio può essere un indizio.

Tre volti incorniciati da tre quadrati uguali.

Tre quadrati allineati perfettamente uno accanto all'altro.

SEI UNO DEI TRE.

Appoggio la mano sul primo volto, che battezzo Capelli a Spazzola.

Premo.

Con un sibilo la bara viene inondata di gas bianco.

Tossisco, la vista mi si appanna e riempie di lacrime.

Poi provo la sensazione più spaventosa mai vissuta:essere scaraventato fuori dal corpo.


Continua...



LA SECONDA PUNTATA TI ASPETTA A PARTIRE DALLE 00:01 DI MERCOLEDÌ 3 FEBBRAIO



Copyright © 2016 - Renato Esposito
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