Benvenuti amici della notte!
Benvenuti al primo dei dodici appuntamenti di questo thriller che, mi auguro, vi sconvolgerà e allo stesso tempo delizierà al punto da farvene volere ancora e ancora.
Vi suggerisco, come colonna sonora, Black Star di David Bowie, per inciso è ciò che ho ascoltato a ripetizione mentre scrivevo.
Un ultimo appunto e poi mi scanso: anche se ogni nuova puntata sarà inserita alle 00:01 di mercoledì, fino al termine della storia le puntate già pubblicate saranno comunque disponibili ogni notte, dalle 00:00 alle 06:00
E ora, spegnete le luci, fate un grosso respiro e immergetevi nella lettura.
R. E.
Apro gli occhi nell'oscurità.
La prima sensazione è di
smarrimento.
Non ricordo dove sono.
Muovo un braccio per cercare
l'interruttore della luce, ma una parete mi impedisce il movimento.
In quella parete c'è
qualcosa di strano, dal quale d'istinto il mio pensiero si ritrae.
Il problema è che anche il
braccio sinistro incontra immediatamente un ostacolo.
Il rumore sordo del polso
che sbatte su una superficie legnosa mi trasmette un brivido
disgustoso.
Provando ad alzarmi,
urto la fronte contro un'altra barriera.
Il cuore mi precipita nello stomaco: mi trovo in una bara.
Vivo.
Sono talmente incredulo che
la paura svanisce con lo shock iniziale.
Non può essere vero.
Sto sognando.
Io sto sognando.
Io...
Ed eccomi, come se ne fossi
a corto, posto davanti a un altro problema.
Chi diavolo sono io?
Non ricordo.
Nulla di nulla.
Sono solo un corpo in una
bara.
L'incubo comincia a durare troppo.
Mi dibatto, scalcio, urlo,
gratto fino a spezzarmi le unghie, ma non mi sveglio.
Perché?
Mi chiedo tra aspri singhiozzi.
E forse un perché non c'è
neppure.
È
successo e basta.
Magari la stessa cosa è
successa, sta succedendo e succederà a tantissimi altri nel mondo.
Quante tombe nascondono lo stesso orrore?
Sono fradicio di sudore.
Se non recupero un minimo di
autocontrollo, finirò col bruciare il poco ossigeno prima
ancora di aver soltanto cominciato a riflettere su una possibile
soluzione.
Soluzione.
Basta la parola a piegarmi
la bocca in un'amarissima smorfia.
Quale soluzione?
A meno che a qualcuno non
salti in mente di scoperchiare la bara per verificare che sia morto
davvero, sono fottuto.
Non mi resta che sperare in
un profanatore di tombe in cerca di souvenir.
Scoppio a ridere.
Di una risata isterica che
l'acustica della cassa trasforma in un rantolo.
Mi
perlustro le tasche alla ricerca di una speranza, tipo un cellulare.
Niente.
Non ricordandomi chi sono,
non ho neppure un ultimo pensiero da dedicare a qualcuno.
Ancora: perché?
Com'è potuto succedere?
Ho un improvviso
prurito alla gola.
Scopro una gonfia
cicatrice lunga una decina di centimetri.
Ruvida e
fresca, dai bordi tumefatti.
Uno squarcio ricucito.
Forse di questo ero
morto, anzi creduto morto: una ferita alla gola.
E siccome è difficile che
certe ferite siano accidentali, ciò significa che...
Qualcuno ha tentato di
assassinarmi!
Sia come sia, questo
qualcuno sta per raggiungere il suo scopo.
Torno a dimenarmi
furiosamente, tirando pugni e scalciando.
Sento un CLICK.
L'interno
della bara si illumina.
Sulla lastra superiore, il
coperchio, ci sono dipinti tre volti.
E sotto di essi una scritta.
SEI UNO DEI TRE.
Partendo da sinistra, il
primo volto è quello di un ragazzo sui diciotto, diciannove anni, neri capelli a spazzola, fronte bassa, zigomi marcati,
incarnato pallido, labbra di un rosso acceso e grandi occhi marrone
chiaro.
Il volto centrale è pure di
un ragazzo, ma sulla ventina abbondante, ha una forma ovale,
disordinati e folti capelli ondulati, un naso notevole, la barba di
qualche giorno e stesso taglio d'occhi del primo, ma in questo le
orbite sono più piccole e le iridi nerissime.
Il terzo volto è di un uomo
nel pieno della maturità, la forma è quella del secondo
ritratto, mentre i lineamenti e il colore degli occhi sono simili al
primo, per il resto la pettinatura è molto ordinata e l'espressione nel complesso esprime severità.
Più li osservo e più mi
convinco che siano imparentati.
Se così fosse, l'ultimo
volto potrebbe corrispondere a quello del padre degli altri due
soggetti.
Ma chi dei tre sono io?
E scoprirlo mi salverà la
vita?
Do uno sguardo più accurato alla bara.
Le superfici hanno una
lucentezza spiccata, da farmi sospettare che le pareti,
nonostante il colore lo suggerisca, non siano di legno.
La luce, fredda, è generata da una sfilza di lampadine, minuscole come la capocchia
di un chiodo, incastonate lungo i bordi delle assi.
Come bara è tutt'altro che
convenzionale, questo è ovvio.
È
stato il mio assassino a imprigionarmici?
È
stato lui a fare i volti e la scritta?
Allora sapeva che ero ancora
vivo...
Ma che senso aveva tagliarmi
la gola per poi ricucirmela?
Rifletto sulla scritta.
SEI UNO DEI TRE.
Quindi il mio, a questo
punto lo chiamo aguzzino, aveva previsto che mi sarei svegliato senza
memoria.
Lo aveva previsto o era
stato proprio lui in qualche modo a provocare l'amnesia?
SEI UNO DEI TRE.
La scritta sembra una specie
di invito.
Di invito a scoprire chi
sono.
Ma come?
Torno a concentrarmi sui
ritratti.
Sono dei disegni, compiuti
però con uno stile così realistico da farli assomigliare a delle
fotografie.
Ciascun volto è
incorniciato da un nero sfondo quadrato.
Non so neppure io per quanto
tempo resto a contemplarli.
Se il mio aguzzino mi ha
lasciato una possibilità per uscire da questa trappola, allora anche
il più piccolo dettaglio può essere un indizio.
Tre volti incorniciati da
tre quadrati uguali.
Tre quadrati allineati
perfettamente uno accanto all'altro.
SEI UNO DEI TRE.
Appoggio la mano sul primo
volto, che battezzo Capelli a Spazzola.
Premo.
Con un sibilo la bara viene
inondata di gas bianco.
Tossisco, la vista
mi si appanna e riempie di lacrime.
Poi provo la sensazione più spaventosa mai vissuta:essere scaraventato fuori dal corpo.
Continua...
LA SECONDA PUNTATA TI ASPETTA A PARTIRE DALLE 00:01 DI MERCOLEDÌ 3 FEBBRAIO